Nel frattempo le cose vanno avanti, più o meno bene, non è che mi lamento (come cantavano i Giganti: "non è per i soldi che io mi lamento" etc.), ma le cose potrebbero andare avantiobiettivamente meglio di così.
Di cose buone ce ne sono, ce ne sono sempre, ad es. mi hanno pubblicato altre due poesie su un sito che credevo chiuso (le trovi a lato, nelle "pubblicazioni sul web"), ho tre mie poesie in tre diverse antologie poetiche, abbiamo girato la puntata pilota di una trasmissione televisiva che ho contribuito a scrivere, ho conosciuto persone che definire "interessanti" è poco.
Eppure c'è sempre quell'inquietudine di fondo, come una spina piantata da qualche parte ma che non è una spina, è un dolore diffuso. Un qualcosa che non va.
Un'amica è una ferma sostenitrice del proverbio "La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha". Io non la chiamerei "felicità", la chiamerei "accontentarsi".
Oppure "stronzata", a seconda dell'umore.
Non posso starmene di quel che ho, di quel che c'è, non avrei motivo per alzarmi la mattina seguente. Quello che mi serve è qualcosa da cercare, da inseguire, o almeno da sentirne la mancanza.
Magari la strada che ho preso non è quella migliore per essere felice, ma di sicuro è l'unica che mi fa pensare che un qualche senso in tutto questo, anche se magari non riuscirò mai a trovarcelo, deve esserci per forza.
E questo mi basta.
Anzi no.
Insolvenza
Il nostro amore è una fattura mai pagata.
E quando quelli sono venuti
vestiti di notte a confiscarci il cuore,
nella nostra casa
mi ci han trovato da solo.
Si son presi quel che han potuto,
quel che han trovato: qualche foto
un paio di dischi talmente graffiati che ormai non si sentono più
un tuo disegno e quel pugno d'amor proprio
che ancora tenevo in fondo a un cassetto
nel caso potesse servire. Lo sai
che non riesco a buttare mai niente.
E non te ne voglio
se mi hai lasciato
in mano a questa gente col sorriso tutto serio
che contabilizza il peso di un bacio.
Anche se hanno buttato all'aria tutti i ricordi
cercando una traccia di te negli armadi
un tuo capello su una mia giacca
o un filo d'affetto sul comodino.
Quello che conta
è che almeno tu ne sei uscita pulita.
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