L'idea di dare a uno spettacolo di poesia e musica un "incipit" come quello di Gibran parte da una semplice considerazione: la poesia e la musica (assieme a quelle arti che non hanno un supporto fisico "duro", come la scultura o la pittura) sono fatte principalmente di niente, di vento per l'appunto, e come questo servono a poco se si hanno da soddisfare esigenze magari materiali, ma pur sempre inderogabili quali il nutrirsi, il bere, il ripararsi dal freddo e dalle intemperie.
Arti inutili, quindi, alla sopravvivenza in sé e per sé, ma secondo me fondamentali per potersi definire umani, soprattutto grazie a quei "semi" che esse sono in grado di trasportare ma non di distruggere. Semi comuni a tutti gli uomini di tutte le epoche: l'amore, la gioia, la rabbia, lo stupore (o il terrore) di fronte all'ignoto.
E' partendo da questo che è nata l'idea di organizzare la serata, sperando come sempre che possa servire magari non a molto, ma almeno a qualcosa.
Arti inutili, quindi, alla sopravvivenza in sé e per sé, ma secondo me fondamentali per potersi definire umani, soprattutto grazie a quei "semi" che esse sono in grado di trasportare ma non di distruggere. Semi comuni a tutti gli uomini di tutte le epoche: l'amore, la gioia, la rabbia, lo stupore (o il terrore) di fronte all'ignoto.
E' partendo da questo che è nata l'idea di organizzare la serata, sperando come sempre che possa servire magari non a molto, ma almeno a qualcosa.
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